Il Visto Per Investitore (E-2)

    Tutto quello che c’è da sapere per l’investitore europeo che vuole investire nell’apertura di una nuova attività negli Stati Uniti d’America

    IN BREVE

    Il visto E-2 rappresenta una via relativamente semplice per trasferirsi negli Stati Uniti tramite l’avviamento (o l’acquisto) di una attività sul suolo Statunitense. Il visto può essere richiesto infatti da gli investitori stessi (ossia dagli azionisti della società all’uopo costituita) oppure da managers/impiegati specializzati che non fanno necessariamente parte della proprietà.

     

    1. Introduzione

    Il visto E-2, più comunemente denominato visto per investitori (investor visa), è il visto che permette ad un soggetto di vivere e lavorare negli Stati Uniti per la compagnia nella quale il soggetto richiedente il visto ha investito una somma sostanziale (e di cui è azionista), oppure in qualità di manager/employee senza detenzione di alcuna partecipazione in essa.

    Questo visto è largamente scelto da coloro che vogliono avviare (oppure investire in) una start-up negli USA o da coloro che intendono acquistare un attività già avviata e produttiva negli Stati Uniti: è possibile richiederlo in qualsiasi momento dell’anno (a differenza, ad esempio, dei visti lavorativi H-1). Questo visto può essere richiesto sia dall’investitore principale e/o anche da un dipendente della compagnia (managers oppure impiegati chiave, key employees) e non è da confondere con la carta verde ottenuta tramite investimento (EB-5 Visa); avendo una durata di 5 anni per i detentori di quote e di 2 anni per i manager o impiegati specializzati e senza limiti di rinnovo (finche’ la società rimane in business), l’investor visa è la soluzione preferita da parte di  chi intende trasferirsi temporaneamente negli Stati Uniti.

    In questa sezione, prenderemo come esempio Enrico, impiegato presso una gelateria di Pistoia, da sempre col sogno degli Stati Uniti, pronto ad aprire una gelateria italiana in Florida.

    2. Requisiti

    I requisiti da soddisfare per l’ottenimento del visto E-2 sono i seguenti.

    • E’ necessario essere cittadini di una nazione che ha concluso accordi commerciali con gli Stati Uniti (treaty). L’Italia è inclusa.
    • La maggioranza della società americana deve appartenere (od essere riconducibile) per almeno il 51% a cittadini con cittadinanza di paesi che hanno concluso accordi commerciali con gli Stati Uniti.
    • Il business deve produrre profitti non marginali e non può essere una non profit.
    • L’investimento deve essere sostanziale, personale, irrevocabile e deve essere eseguito in larga parte negli Stati Uniti. E’ indispensabile allo stesso tempo dimostrare la provenienza lecita dei fondi.

    Vediamo ora uno per uno i requisiti.

    2.1 Cittadinanza

    I visti di categoria E-2 sono disponibili solo ed esclusivamente per i cittadini di determinate nazioni che hanno specifici accordi commerciali con gli Stati Uniti. I cittadini Italiani rispettano questo requisito in quanto l’Italia figura in questa lista. Tuttavia va ricordato che:

    • il permesso di soggiorno non è sufficiente. Ad esempio, Mohamed, algerino aspirante ristoratore da 8 anni in Italia con regolare permesso di soggiorno, non potrà richiedere un visto E-2 in quanto l’Algeria non rientra nella lista.
    • Non è necessario avere la residenza fisica nel paese di cui si è cittadini. Ad esempio, Marco, da 10 anni residente in Algeria ma di passaporto italiano, potrà senza problemi richiedere il visto E-2. Dovrà però richiederlo presso il consolato americano competente per territorio, in tal caso il Consolato Americano in Algeria.
    • Nel caso si avesse più di un passaporto, è sufficiente che solo una nazione di appartenenza sia presente nella lista per richiedere il visto. Ad esempio, Giacomo, di passaporto sia Algerino (non in lista) che Italiano (in lista) potrà richiedere il visto.

    Le nazioni che hanno trattati commerciali (treaty) con gli Stati Uniti d’America sono le seguenti: Albania, Argentina, Armenia, Australia, Austria, Azerbaijan, Bahrain, Bangladesh, Belgio, Bolivia, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Camerun, Canada, Cile, Colombia, Congo, Corea del Sud, Costa Rica, Croazia, Danimarca, Ecuador, Egitto, Estonia, Etiopia, Filippine, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Giamaica, Giappone, Giordania,  Grenada, Honduras, Irlanda, Israele, Italia, Kazakistan, Kosovo, Kyrgyzstan, Lettonia, Liberia, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Messico, Moldavia, Mongolia, Montenegro, Marocco, Norvegia, Olanda, Oman, Pakistan, Panama, Paraguay, Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Romania, Serbia, Senegal, Singapore, Slovenia, Spagna, Sri Lanka, Regno Unito, Suriname, Svezia, Svizzera, Taiwan, Tailandia, Togo, Trinidad e Tobago, Tunisia, Turchia, Ucraina. Si ricorda, tuttavia, che queste possono cambiare nel corso del tempo. Si pensi al Travel Ban di Donald Trump (marzo 2017) il quale ha vietato la concessione di visti di qualsiasi natura a sei nazioni a maggioranza musulmana, tra cui l’Iran (di recente rimosso dalla lista).

    2.2 Proprietà

    La società nella quale il richiedente il visto investirà (oppure nella quale lavorerà se si tratta di un dipendente chiave o manager) deve essere per almeno il 51% di proprietà di un cittadino appartenente ad una nazione che presenta trattati commerciali con gli Stati Uniti (vedi paragrafo precedente per la lista). Essendo molte le casistiche possibili per capire al meglio questo requisito, riportiamo dei casi di seguito.

    • Caso 1Due soci italiani, uno in Italia e uno in America. Enrico, prima di aprire la sua gelateria in Florida, chiede a Mario, amico di lunga data che vive a Miami, se è disposto ad investire nella gelateria. Mario, da Miami, ricordandosi della bravura di Enrico a Pistoia nel fare il gelato più buono della Toscana, decide di investire nell’attività e decide di conferire 130mila dollari, portando il budget complessivo a quota 240mila dollari (Enrico dispone di 110mila dollari). In questo caso, dopo l’aumento di capitale, Mario risulta essere l’azionista di maggioranza (54%), Enrico, invece, di minoranza (46%). Mario vive a Miami da oramai 6 anni e ha una carta verde come visto. Avendo Mario un visto immigrante, Enrico non potrà richiedere il visto E-2. Ne consegue che nel caso vi siano più investitori, l’investitore (o gli investitori) di maggioranza deve essere cittadino di un paese nella lista nel caso non viva negli Stati Uniti e, nel caso vivesse negli USA, deve essere possessore di un visto di categoria non immigrante.
    • Caso 2Unico socio italiano in Italia con un manager. Enrico, avendo già una gelateria di successo a Pistoia, decide di aprirne una a Miami che sarà gestita da Diego, da sei anni braccio destro di Enrico, il quale, non ha intenzione di trasferirsi negli USA. Essendo in questo caso la società americana di proprietà di un cittadino di nazione firmataria di Trattato (Enrico), Diego potrà richiedere il visto E-2 in qualità di manager, in quanto il proprietario Enrico, nonostante non abbia intenzione di trasferirsi, rispetta tutti i requisiti per ottenere un visto E-2.

    Riprendendo l’ultimo caso, approfondiamo ora l’opportunità per un impiegato chiave come Diego (key employee) di ottenere un visto E-2. Ecco le figure che possono ottenere visti E-2:

    • Executives. Secondo la legge dell’immigrazione, si intendono come executives i dipendenti dell’azienda che presentano il potere di gestione per almeno metà delle attività aziendali, le quali hanno un forte impatto sull’andamento del business.
    • Supervisory/Managerial. Il supervisore viene definito non come il dirigente che controlla alcuni dipendenti, ma come la figura che presenta la responsabilità di supervisionare una grossa porzione della compagnia.
    • Essential Employees. Vengono definiti come dipendenti chiave gli specialisti, ossia professionisti le cui skills sono indispensabili per la riuscita del business. Tali figure, in più, non devono essere facilmente reperibili sul mercato del lavoro locale. Va ricordato, inoltre, che la nazionalità del richiedente può sicuramente essere importante, ma non è l’unico elemento che concorre al rilascio del visto.

    2.3 Natura del business

    Ai fini del rilascio del visto, infatti, l’immigrazione statunitense richiede che il business sia:

    • For profit. Oggetto dell’investimento deve essere una società volta alla creazione di profitti: ne consegue che gli investimenti in non profit, titoli finanziari quali azioni e obbligazioni e investimenti immobiliari non sono consentiti al fine dell’ottenimento del visto E-2.
    • Attivo ed a rischio. A differenza di investimenti in azioni o immobili (i quali come appena scritto non sono validi per l’E-2), il business deve essere “attivo”, e pertanto soggetto al rischio d’impresa. Ad esempio, la gelateria di Enrico è un business a rischio in quanto il capitale investito non garantisce una rendita fissa e predeterminata ma varia a seconda dell’andamento dell’attività.
    • Non marginale. L’investitore deve essere in grado di dimostrare che lo compagnia produrrà profitti non-marginali, ossia profitti in grado di mantenere valido il visto ed in vita la compagnia. Pertanto un investimento mirato solo a retribuire l’investitore non è certamente da considerarsi marginale. E’ consigliabile quindi presentare un investimento al consolato/ambasciata che preveda l’assunzione di cittadini Statunitensi in futuro, dato l’aumento del business previsto da business plan.

    2.4 L’investimento

    In questa sezione approfondiamo uno dei requisiti più importanti, ossia l’investimento necessario al fine dell’ottenimento del visto E-2. Per la legge dell’immigrazione statunitense, “investire” significa impiegare capitale (e/o assets) a rischio, volti al conseguimento di un profitto. Ad esempio, Enrico non potrà investire una cifra solamente al fine di ottenere il visto, ma dovrà documentare e fornire informazioni al consolato/ambasciata riguardante gli investimenti effettuati, i quali potranno essere persi in parte o del tutto nel caso la sua gelateria non avesse successo in Florida. Vediamo, di seguito ed in dettaglio, le caratteristiche dell’investimento per il visto E-2:

    • Sostanziale. Il termine sostanziale non è definito dalla legge dell’immigrazione e, di conseguenza, non vi è un limite minimo fissato per legge, come per la Carta Verde tramite investimento EB-5, dove vi è il minimo legale di 900mila dollari. Cercando in rete, molti forniranno la cifra di $100,000 come cifra minima di investimento: questa indicazione può essere veritiera per la costituzione di business piccoli, ma è puramente indicativa, e, pertanto, non affidabile. La legge dell’immigrazione, nello specifico, definisce come sostanziale “l’investimento sufficiente che ponga le condizioni per una riuscita dell’iniziativa imprenditoriale”: questa definizione presuppone, di conseguenza, che l’investimento minimo dipenda dalla natura del business stesso e, aggiungiamo, dalla location. Ad esempio, da business plan Enrico prevede che tra l’acquisto dell’attrezzatura, l’affitto del locale, marketing, spese di formazione del personale e di costi legali, siano necessari 110mila dollari. Dato l’investimento non molto alto, vi è una probabilità più alta che Enrico ottenga un visto E-2 nel caso voglia aprire la sua piccola gelateria a Duluth in Minnesota rispetto a Manhattan, dove i costi sono decisamente più alti. Per fare ulteriore chiarezza sul termine sostanziale, ipotizziamo Enrico decida di cambiare idea e di voler costruire un laboratorio per la produzione industriale di gelato. Essendo il volume richiesto per l’investimento maggiore (ad esempio, molti più macchinari e con una produzione oraria molto più elevata), i 110mila dollari possono essere non sufficienti per questa opzione. Ne consegue che minore è il costo del business, minore è l’investimento richiesto. Ad esempio, alcune start-up a Manhattan sono riuscite ad ottenere visti E-2 in passato con un investimento inferiore ai 100mila dollari, in quanto la loro natura di business (programmatori informatici) richiedeva, come investimento, solamente un computer, un ufficio e poco altro (tuttavia, comprare un computer portatile e basta non permette di ottenere un visto E-2 in quanto bisogna dimostrare che vi siano, per la natura del business, delle cifre che comportino rischi aziendali, e l’acquisto di un semplice portatile non costituisce un rischio imprenditoriale accettabile). Nonostante minore sia l’investimento e maggiore sia lo scrutinio del progetto da parte dell’ambasciata/consolato, è necessario provare che l’investimento sia sostanziale e deve essere documentato sia dal business plan che da altri documenti. L’investimento infine, deve può essere conferito in forma di cash, beni fisici (assets) o proprietà intellettuale (ad esempio, brevetti). Riassumendo, Il Dipartimento di Stato ha fornito delle linee guida per la valutazione dell’investimento come sostanziale, e deve rispettare due punti:
      • deve essere coerente alla natura del business stesso. Qui l’esperienza dell’ufficiale dell’immigrazione entra in gioco in quanto saprà, più o meno, quale sia l’investimento minimo richiesto dato il business ed il settore facendo dei paragoni con altri casi approvati o meno. L’avvocato dell’immigrazione, oltre ad essere di estrema importanza per tutta gestione della pratica, in questo caso potrà fornire un feedback molto importante all’investitore;
      • deve essere sufficiente per coprire tutte le spese affinché l’impresa generi un profitto non marginale entro 5 anni dall’inizio dell’attività. L’imprenditore deve infatti tenere in considerazione da business plan che il capitale richiesto per far partire l’iniziativa non è sufficiente, in quanto deve comprendere anche costi che l’imprenditore sosterrà nei primi mesi.

      In fase di richiesta del visto E-2, inoltre, è necessario provare (tramite fatture) che una percentuale dell’investimento complessivo è stato effettuato. Per definire l’investimento minimo per la richiesta del visto, si fa solitamente riferimento alle direttive del Dipartimento di Stato tramite la c.d. “sliding scale”, dove all’ammontare della cifra totale dell’investimento, la percentuale minima richiesta diminuisce.

      Valore totale dell’investiment
      (costo di start-up)
      Percentuale minima di
      investimento richiesta
      Meno di $500,000 75%
      Tra i $500,000 e i $3,000,000 50%
      Più di $3,000,000 30%

      Figura 1 – Sliding scale per l’investimento

      La “sliding scale” definisce la percentuale di investimento che deve provenire dal richiedente visto. In genere, minore è l’investimento, maggiore è la percentuale richiesta di investimento effettuato e quindi irrevocabile. Ad esempio, nel caso l’investimento sostanziale sia di 500.000 dollari, può essere accettato il 50% di capitale impegnato irrevocabilmente (250.000 dollari). Nel caso invece l’investimento sia di 150.000 Dollari, almeno il 75% deve essere impegnato (112.500 Dollari). Ricordiamo, tuttavia, che i valori nella la sliding scale non sono da intendere come valori assoluti in quanto le percentuali possono cambiare a seconda della natura del business.

    • Personale e trasparente. L’investimento deve essere effettuato dal richiedente per far si che venga considerato valido ai fini dell’ottenimento del visto. Questo significa che il denaro, prima dell’investimento, deve essere controllato interamente dal richiedente visto (questo requisito è valido solo nel caso di principal investor: nel caso di richiesta di visto E-2 per Manager, non vi è tale requisito). Ciò non vuol dire che il denaro debba provenire per forza dai guadagni del richiedente: ad esempio, può essere anche donato dai familiari o da amici, o prestato da enti finanziari o creditizi, l’importante è che tale provenienza risulti legale (è molto importante infatti dimostrare la provenienza di tali fondi per una questione di riciclaggio). Anche i mutui o finanziamenti sono accettati, l’importante sarà dimostrare che le garanzie siano offerte dal richiedente visto e non da altre persone. Ad esempio, Enrico viene a sapere dal proprio avvocato dell’immigrazione che la cifra minima affinché’ possa avere un’alta probabilità di ottenere il visto è di 125mila dollari. Disponendo di solo 110mila dollari, chiede a Roberta (sua sorella) di prestargli il rimanente, ossia 15mila dollari. Roberta, non disponendo di molto denaro liquido ma avendo un lavoro ben retribuito presso una multinazionale, ottiene un finanziamento dell’importo richiesto da Enrico, mettendo a garanzia un garage sito nella periferia di Pistoia. Essendo la garanzia relativa di un bene di Roberta (il garage), viene a mancare la componente di rischio da parte di Enrico e, pertanto, il prestito non costituisce come investimento personale ai fini legali. Ne consegue che finanziamenti da angel investors o altre figure simili non sono ammessi.
    • Irrevocabile. E’ necessario mostrare al consolato/ambasciata che l’investimento personale sia irrevocabile, ossia non è più possibile ritirarsi all’ultimo. Il metodo più semplice per soddisfare questo requisito è quello di mostrare che già parte del denaro è stato speso o impegnato. Ad esempio Enrico provvede ad acquistare il bancone con i pozzetti per il gelato, il mantecatore, e il deposito per il locale: portando le ricevute con se’ in consolato, Enrico dimostrerà che l’investimento risulterà irrevocabile. Tuttavia, molti investitori sono esitanti a spendere molti soldi prima ancora di ottenere un visto: in questo caso è possibile a volte depositare del denaro in un conto di garanzia vincolato (escrow account), a patto che il denaro venga speso per certi acquisti se il visto verrà concesso (tuttavia aver già speso alcuni dei soldi è molto meglio). Ricordiamo, di conseguenza, che il Dipartimento di Stato non riconosce come irrevocabile il semplice conferimento di denaro liquido in un conto corrente statunitense (checking or savings account), in quanto può essere riscosso senza problemi dall’investitore in qualsiasi momento.
    • Americano. L’investimento deve essere effettuato negli Stati Uniti e si presuppone che i costi di start-up vengano sostenuti negli Stati Uniti a fornitori locali. Ad esempio, Enrico non potrà comprare le attrezzature, gli arredi e incaricare un’agenzia marketing in Italia: è importante utilizzare fornitori americani. Tuttavia, se una piccola parte viene spesa in Italia, può comunque essere utilizzata per provare l’investimento realizzato. Ad esempio, a fronte di una spesa di 110,000 dollari, Enrico potrà senza problemi contare nell’investimento il video aziendale che Enrico ha pagato 5,000 Euro al suo amico di infanzia e video maker Daniele.

    2.5 L’intento

    Ricordiamo, nuovamente, che il visto E-2 è un visto non immigrante, ossia un visto temporaneo. Se al momento della richiesta del visto è necessario mostrare la propria volontà per partire e gestire il business oggetto di visto, è allo stesso tempo importare mostrare che si terranno forti legami (ties) con il proprio paese di origine. Durante il colloquio con il consolato Statunitense, infatti, l’ufficiale farà delle domande relative a tali legami e, il candidato, deve dimostrare che vi sono forti motivi per i quali, se qualcosa dovesse andare storto, tornerà a casa. Ad esempio, avere un’autovettura, o un appartamento di proprietà, nonché’ avere la famiglia in Italia, aiuta a dimostrare l’intento non immigratorio.

    3. Componenti famigliari

    Il richiedente visto E-2 può trasferirsi con alcuni membri della famiglia negli Stati Uniti. Tali membri sono il coniuge e i figli celibi con una età inferiore agli anni 21 ed otterranno anche loro il visto E-2. Il coniuge, a differenza dei figli, una volta arrivato negli Stati Uniti e dopo aver compilato il Form I-765 potrà richiedere l’employment authorization, ossia l’autorizzazione a lavorare legalmente negli Stati Uniti, per qualsiasi datore di lavoro (a differenza del richiedente E-2 il quale, lo ricordiamo, può lavorare solamente per il proprio business oppure quello per cui è stato rilasciato il visto stesso). Questo è sicuramente un vantaggio enorme per il coniuge ed è sicuramente un pregio di questa categoria di visti.

    4. Restrizioni, processing time e documentazione

    I visti di categoria E non presentano alcun limite di ingressi nel Paese. Al momento, il processing time si aggira tra le 8 e le 10 settimane e l’organo competente è, in Italia, l’ambasciata a Roma (il candidato di cittadinanza italiana dovrà recarsi a Roma per il colloquio). In questo periodo, il candidato non potrà fare ingresso negli Stati Uniti fino a quando il visto non verrà approvato.

    In genere i documenti da presentare all’ambasciata sono in genere i seguenti:

    • documenti che attestino la provenienza legale dei fondi, come ad esempio distinte di pagamento dei conferimenti dai conti correnti personali alla società;
    • eventuali visure camerali nel caso i soci della società americana siano delle società;
    • copia dei passaporti che dimostrino la maggioranza “italiana” della società;
    • lettere di referenza nel caso si decidesse di sponsorizzare il visto E ad un manager oppure ad un dipendente specializzato;
    • documenti relativi alla società americana (ad esempio tax returns, documenti costitutivi, operating agreement, etc.)
    • fatture che dimostrino il raggiungimento dell’investimento eseguito a rischio;
    • business plan (con proiezioni economico-finanziarie dei primi cinque anni di attività) e ricerca di mercato/marketing che dimostri l’opportunità di mercato.

    Come sempre, è fortemente consigliato affidarsi ad un avvocato specializzato per evitare di commettere costosi errori.

    5. Scadenza e rinnovo

    Il visto E-2, una volta ottenuto, ha la durata di:

    • anni 5 per gli investitori (coloro che fanno parte dell’assetto societario);
    • anni 2 per i manager ed impiegati specializzati.

    Il visto può essere rinnovato con estensioni di durata quinquennale. Non vi sono limiti al rinnovo: tuttavia, ad ogni rinnovo, l’applicante deve dimostrare che il business abbia prodotto profitti non marginali e che sia in salute. In fase di rinnovo ricordiamo che l’immigrazione valuterà appunto la crescita del business negli anni passati, il numero dei dipendenti assunti: se un visto è stato rinnovato più volte, ricordiamo che non costituisce garanzia per il successo dei rinnovi futuri. Il primo rinnovo richiede lo stesso livello di scrutinio come il quarto, ad esempio.

    6. Dal visto E-2 alla Green Card

    Il visto E-2 è un visto che permette il dual intent, ossia la possibilità di fare applicazione per un visto immigrante (Green Card) di qualsiasi natura, ossia tramite ricongiungimento familiare, straordinarie capacità, etc. Tuttavia, l’evoluzione più naturale è il passaggio da E-2 a EB-5, ossia la carta verde tramite investimento. L’investimento fatto per il visto E-2 può infatti essere conteggiato ai fini di ottenere la green card per investitori EB-5. Ipotizzando ad esempio l’ottenimento di un visto E-2 con $200,000 di investimento, e, data la soglia minima per ottenere l’EB-5 ($900,000), l’investimento richiesto per l’ottenimento della Green Card risulta di $700,000. E’ importante tuttavia ricordare che la cifra minima di $900,000 è relativa ad investimenti in zone economiche speciali (TEA – Targeted Employment Area, ossia un’area rurale con alto tasso di disoccupazione): nelle zone economicamente più dinamiche tale minimo arriva ad essere di $1.8 milioni.

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